IN SICILIA I LEADER MONDIALI DELLE MANDORLE BIOLOGICHE
Nel cuore del Mediterraneo, in Sicilia, di fronte alle isole Eolie, nel vostro stabilimento modello, costruito su un’area di 12000 metri quadrati, arrivano i migliori frutti di una terra da secoli votata alla produzione di nocciole, mandorle e pistacchi, favorita dalla posizione geografica, dal clima temperato tutto l’anno, dall’aria pura e dalla geologia agraria del suolo: dagli impianti ultracentenari dei vicini Monti Nebrodi arriva una nocciola dal perfetto equilibrio di oli essenziali (quasi il 50 per cento di grasso in meno rispetto a quella prodotta in Turchia e nei paesi del Levante) e, proprio per questo, meno soggetta a rancidire; dai fondi in cui si tramanda una tradizione che risale ai tempi dei greci e dei romani arrivano mandorle di alto pregio a guscio semitenero e alcune qualità di antica genia a guscio duro, fra cui si distingue la varietà Tuono, nota per la sua dolcezza, le eccelse doti organolettiche e l’altissimo contenuto di oli essenziali e vitamina E, un potente antiossidante con proprietà anticancerogene; da Bronte arriva il famoso “oro verde dell’Etna”, il pistacchio verde smeraldo preferito nelle preparazioni dell’alta gastronomia, l’unico che, a maturazione avvenuta, resta con il guscio perfettamente chiuso, cresce su terreni costituiti solo di lava dell’Etna, raffreddatisi e divenuti in maniera naturale fertili e ideali come dimora per la sua pianta.
Verso quali destinazioni proseguono il loro viaggio queste eccellenze della vostra terra, dopo la lavorazione della F.lli Damiano, leader mondiale del settore biologico per l’alta qualità dei suoi prodotti?
Lei ha citato soltanto le materie prime provenienti dai nostri possedimenti o da quelli dei 500 produttori biologici locali, legati da rapporti di stretta collaborazione sviluppati nel corso degli anni. Ma in realtà noi vendiamo più di 40 prodotti – comprese le arachidi, che importiamo direttamente dai luoghi di origine – in 40 paesi, distribuiti in cinque continenti, siamo partner di riferimento per grandi trasformatori dell’industria alimentare, dalla GDO al canale specializzato, e da anni garanzia di qualità per il consumatore finale. Ci siamo impegnati per assicurare la tracciabilità dei nostri prodotti, prima ancora che il legislatore europeo si muovesse in questo senso con la legislazione sulla “Tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti agricoli”, contenuta nel regolamento 178/2002.
Com’è nata e come si è sviluppata questa estrema attenzione alla qualità nella vostra azienda?
Considerando che la F.lli Damiano è erede di una tradizione imprenditoriale nata con il pastificio Damiano e Bottaro, fondato dal nostro bisnonno, oggi siamo alla quarta generazione impegnata nell’alimentare. Dall’inizio del dopoguerra ci occupiamo di frutta secca, nel 1967 abbiamo incominciato ad ampliare la gamma dei prodotti e nel 1970 è arrivata la svolta decisiva, a opera di nostro padre, Pasquale Damiano, che durante la sua esperienza di studio all’estero maturò la decisione di trasferire nel segmento del biologico il know-how acquisito nel comparto convenzionale. Ricordo che è stato un vero e proprio pioniere in questo senso, tanto che ha partecipato ai gruppi di lavoro per la redazione delle norme ministeriali, dal periodo dell’autocertificazione fino alla nascita dei primi enti di certificazione privati. L’Italia è stata una delle prime nazioni a regolamentare il settore alimentare.
Puntando molto sulla qualità già dalla fine degli anni novanta, siamo diventati fornitori per tutte le grandi industrie che richiedono prodotti con standard molto alti. Nel tempo, si è aggiunta la grande distribuzione straniera – abbiamo evitato quella italiana, per il malcostume dei pagamenti lunghi, che avrebbero arrestato il nostro sviluppo –, soprattutto in Francia, dove siamo diventati leader, tanto che due anni fa abbiamo costituito una nostra azienda.
Abbiamo avuto lo stesso sviluppo negli Stati Uniti, dove abbiamo costituito anche una nostra azienda distributrice e siamo presenti nella maggior parte delle catene di supermercati e nelle grandi industrie, soprattutto quelle che producono la barretta energetica sostitutiva del pasto, un prodotto che in Italia non è molto diffuso.
Il vostro è un esempio straordinario di valorizzazione dei prodotti della terra, che depone a favore di un avvenire migliore per l’agricoltura nel nostro paese…
Sfortunatamente, in Italia, per troppo tempo, l’agricoltura si è basata sull’assistenzialismo, affidandosi a contributi pubblici, che hanno portato all’impoverimento, poiché molto spesso i contadini non li hanno utilizzati per il miglioramento dei fondi e delle colture, ma anzi ne hanno fatto un pretesto per abbandonarli, accontentandosi del sussidio per la sopravvivenza. Il settore primario è primario in tutti i sensi, non andrà mai a morire. Ci sono nazioni come Stati Uniti e Cile, in cui lo sviluppo dell’agricoltura è molto più avanzato e ha usufruito dei fondi universitari destinati alla ricerca. Cinquant’anni fa gli americani producevano pochissime mandorle, dagli anni sessanta a oggi sono diventati il paese produttore dell’80 per cento delle mandorle del mondo; ma l’hanno deciso a tavolino e oggi determinano fatturati da capogiro, da miliardi di dollari, dando lavoro a decine di migliaia di persone. Quando alla base c’è una politica industriale, non occorre sfruttare il povero contadino in Senegal, ma le proprie risorse, abbinandole alla ricerca, nella quale noi non siamo secondi a nessuno: abbiamo fior fior di ricercatori, che però purtroppo sono costretti a fuggire all’estero, lasciandoci il grande problema del reperimento di personale qualificato. Non a caso, uno degli scopi della Fondazione Damiano – che abbiamo costituito per dare un supporto a dipendenti e fornitori agricoli nei problemi sociali e familiari che non riescono ad affrontare da soli – è quello di aiutare i figli dei contadini a conseguire un titolo di studio.