NON METTIAMO IN GINOCCHIO LE PICCOLE IMPRESE, PATRIMONIO DELL’ITALIA!
Suscita la massima indignazione che piccole aziende modello della nostra provincia, dopo aver dato un contributo inestimabile allo sviluppo del loro settore in Italia e nel mondo, debbano ricevere gli attacchi di grandi aziende clienti con le quali, fino a qualche mese fa, si era istaurata una collaborazione proficua, grazie anche ai notevoli investimenti in ricerca e tecnologia che le piccole aziende si sono impegnate a fare…
Gli attacchi, di cui purtroppo si parla poco o niente, avvengono soprattutto sul versante di una riduzione all’osso dei prezzi dei prodotti, usando l’arma del ricatto – la minaccia di rivolgersi ai paesi dove i costi di produzione sono minimi –, che funziona soprattutto per le piccole imprese che hanno da sempre lavorato per conto di poche grandi aziende, che rappresentano oltre il 50 per cento del loro fatturato. Tutto questo avviene sapendo benissimo che la piccola azienda è l’ultimo anello della catena produttiva e non può permettersi di intervenire né sui salari né sui prezzi delle materie prime. Aggiungiamo che spesso le grandi aziende in questo periodo fanno pressione affinché i loro fornitori garantiscano i prodotti a tempo indeterminato su guasti anche non dipendenti dal componente fornito. È un’assurdità, soprattutto se consideriamo che le piccole aziende sostengono oneri enormi per test e certificazioni. Allora sorge il sospetto che sia in atto il tentativo di mettere in ginocchio il ceto medio italiano, attraverso un processo di concentrazione, nelle mani di pochi grandi gruppi, del patrimonio industriale che nel nostro paese è distribuito e diffuso in un tessuto costituito al 90 per cento da piccole e medie imprese. Questo sospetto appare ancora più fondato se si pensa alle azioni di vero e proprio spionaggio industriale che le grandi aziende tentano di portare avanti quando impongono al fornitore sempre più frequenti visite ispettive, con il pretesto di controllare la qualità, come condizione per il proseguimento del rapporto. Poiché questo non è mai avvenuto prima dell’inizio della crisi – in cui pare che ognuno possa permettersi qualsiasi cosa –, l’obiettivo di tali azioni non può che risiedere nel voler carpire informazioni tecniche e impossessarsi, senza costi aggiuntivi, di un know-how da trasferire nei paesi in cui molte di queste aziende hanno già impiantato un loro quartier generale.
Per fortuna, aziende come Fasipol, patrimonio di arte, scienza e cultura del poliuretano, nonostante le difficoltà, non si lasciano intimorire dai ricatti di chi vuole svendere l’Italia e fanno la loro battaglia in solitudine per proporre al mercato prodotti propri direttamente al cliente finale, oltre a proseguire le lavorazioni conto terzi.
Non possiamo accettare che la globalizzazione – basata quasi unicamente sul prezzo, sulla speculazione, sullo sfruttamento delle risorse umane e sulla deregolamentazione – annulli quanto abbiamo costruito nel tempo, non solo per noi ma per lo sviluppo economico e culturale del nostro paese.
Partiti nel 1974 in un garage di 50 metri quadrati con lo stampaggio di componenti per le più importanti carrozzerie dell’epoca – Orlandi, Barbi, Bianchi e presto Maserati e Innocenti –, nel corso degli anni avete talmente diversificato i settori a cui fornite i vostri prodotti che non bastano 10.000 metri quadrati di area produttiva, di cui 4000 coperta…
In effetti, la flessibilità del poliuretano consente di produrre gli articoli più disparati, la formulazione della miscela poliuretanica può variare a seconda delle caratteristiche che si vogliono ottenere per dare le migliori risposte alle sollecitazioni degli ambienti più difficili. Fra i prodotti, possiamo citare, per esempio, cuscini per sale operatorie, che si adattano a un ambiente sterile e assicurano l’incolumità dei pazienti, complementi per attrezzature da palestra e per macchine agricole e industriali, maniglie di diversi tipi e parabordi per barche a vela e a motore; per inciso, ricordo che il poliuretano riesce a convivere anche con uno degli ambienti più problematici come quello marino, caratterizzato da elevata salinità e forte esposizione ai raggi ultravioletti. Fra i progetti che abbiamo avviato in proprio, invece, vorrei citare i rulli per macchine selezionatrici di frutta, che stanno riscuotendo un discreto successo, e il progetto Polsafe, un sistema di protezione delle parti metalliche retrostanti i guardrail. L’idea è sorta a partire dalla notizia che era stata chiusa la pista ciclopedonale di San Pancrazio a Modena, perché ritenuta troppo pericolosa. Se il 28 novembre dell’anno scorso è stata inaugurata la sua riapertura è anche grazie alle nostre protezioni in poliuretano. Il sistema Polsafe, ricoprendo le parti spigolose e taglienti del retroguardrail, consente, infatti, in caso di urto accidentale, di ridurre e ammortizzare l’impatto su ciclisti e pedoni. Le richieste non hanno tardato ad arrivare: i comuni di Formigine, Campi Bisenzio, Lodi e Genova sono stati fra i primi; ora anche alcuni comuni del Veneto e del Trentino stanno muovendosi in questa direzione, per favorire chi, praticando sport all’aria aperta o utilizzando la bicicletta, percorre tratti adiacenti a carreggiate automobilistiche. Ma è un mercato tutto da esplorare e per questo, in collaborazione con alcuni architetti, stiamo ampliando la gamma di prodotti a salvaguardia della sicurezza stradale e di componenti per arredo urbano.