L’IMPRESA DEVE PRODURRE RICCHEZZA, NON VIVERE D’INCENTIVI
Nello scenario economico che sta vivendo attualmente il nostro paese, spesso si fa appello all’intervento della politica e dello Stato verso le imprese in difficoltà. Lei ritiene che sia effettivamente auspicabile?
Occorre che la politica sia a servizio del cittadino e che torni a ascoltare le sue esigenze affinché le istituzioni intervengano in modo corretto e preciso. Pertanto, se l’azienda è nelle condizioni di produrre, deve farlo con le proprie forze, con le proprie intelligenze e con i propri progetti. Ritengo che la politica non debba entrare in azienda, soprattutto quando ci sono imprenditori di valore che sanno affrontare i problemi del territorio con capacità e con strategie valide. In momenti economicamente difficili, si può ricorrere all’uso d’incentivi, sarebbe però ancora meglio se non fossero erogati in modo continuativo solo a favore di alcune aziende, così com’è importante che lo Stato chieda alle imprese che li restituiscano quando c’è una ripresa. Altrimenti, si crea un circolo vizioso che finisce per drogare il mercato, con la conseguenza che si produce l’idea che l’impresa per riuscire abbia bisogno dello Stato. Non sono contrario agli incentivi, ma sono piuttosto cauto sulla politica del loro utilizzo. L’impresa nasce per produrre ricchezza nel territorio e si avvale di strumenti per assicurare il profitto.
È una questione culturale, proprio come il lavoro.
Lei ritiene che in Italia il lavoro sia inteso in maniera differente dagli altri paesi?
Quando visito aziende di altri paesi europei, constato che hanno una cultura del lavoro molto distante dalla nostra. In Italia, il lavoro è un diritto, mentre nella gran parte degli altri paesi è un dovere. La questione è affrontata in modo completamente diverso, con un’educazione dei ragazzi al tema del lavoro che parte in prima elementare e arriva fino all’università. Inoltre, gli investimenti nelle scuole tecniche sono di gran lunga maggiori, con il risultato di formare nuove generazioni con un’ottima preparazione professionale a tutti i livelli. In Svizzera, in Germania come in Inghilterra, i giovani cominciano a lavorare già durante il periodo scolastico e, nonostante la giovane età, sono coinvolti in progetti importanti. In Italia, invece, è più diffusa la tendenza all’improvvisazione.
Eppure, la preparazione tecnica è alla base della riuscita di un’impresa. Non a caso, paesi come la Germania, la Svizzera e l’Austria stanno registrando una forte ripresa economica resa possibile dall’investimento in prodotti di alta tecnologia.
Pensa che l’Italia non abbia fatto altrettanto?
Si parla tanto e giustamente di favorire la ricerca universitaria, ma perché poi tra i vertici delle università e le aziende che sono disposte a investire c’è un divario così netto? Negli altri paesi la collaborazione tra imprese, istituti superiori e università è costante ed è ciò che poi consente l’innovazione.
Il lavoro risente della cultura di un territorio?
In regioni del Nord Italia come la Lombardia, il Trentino e il Friuli, ci sono pochissime cooperative e una preparazione culturale, professionale e industriale completamente diversa da quella della nostra regione, con un’alta percentuale di operai specializzati in ogni settore lavorativo.
Questo comporta che non si senta il bisogno di costituire cooperative, per esempio, per offrire un servizio efficace. Se gli imprenditori fossero valorizzati come le cooperative, forse lavorerebbero in un altro modo. È una questione di cultura, di formazione e di modo di intendere le risorse dell’impresa.
Il mercato esige sempre più riscontri immediati, oltre che operatori qualificati.
Come si combina questo aspetto con il tempo che occorre a un’impresa per consolidarsi?
È chiaro che nell’impresa, se non si fanno progetti a lungo termine, non si ottengono i risultati sperati. Nella nostra azienda occorre che il programma di investimenti sia almeno biennale. Gli impianti di tecnologia avanzata hanno tempi molto lunghi di realizzazione e bisogna tenerne conto per espandersi velocemente. Si tratta di fare costantemente un’attenta analisi del rischio che tutti i giorni corriamo.
Attualmente, dobbiamo consolidare il sito produttivo di Caffita perché abbiamo fatto investimenti in nuovi capannoni, mentre nel 2011 incentiveremo la produzione di Caffitaly: in tempi di crisi, è già un buon risultato.