ESEMPI DI PULITURA DEI DIPINTI

Qualifiche dell'autore: 
docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna

Il restauro dei dipinti è una disciplina molto complessa, condizionata fortemente da numerosi fattori: differenti tecniche esecutive adottate dagli artisti, materiali impiegati, ambiente conservativo, movimentazione, eventuali interventi di restauro effettuati. Tutti questi elementi determinano la peculiarità di ciascun dipinto, anche se di mano di uno stesso artista o proveniente dalla medesima bottega. 

Alla luce di questo, si evince l’importanza di un approccio su misura alla conservazione e al restauro, guidato dalla comprensione profonda dell’oggetto su cui si andrà a intervenire, fino alla messa a punto di strategie d’intervento che prevedono l’impiego di materiali o di metodi ad hoc per l’opera.

Consideriamo in questo testo alcuni dipinti eseguiti da pittrici e sottoposti principalmente a intervento di pulitura. Si tratta di una delle operazioni più rischiose del restauro, in quanto l’erronea rimozione dalla superficie di uno strato che sarebbe stato meglio mantenere, comporta che esso non sia più reintegrabile in originale. Tale operazione è da compiere, pertanto, con molta cautela. 

Il criterio primario che ha guidato questi interventi è stato quello del recupero dell’equilibrio cromatico e volumetrico dell’opera (dell’equilibrio compositivo e dei rapporti fra i colori) e non tanto del recupero delle cromie originali, nella consapevolezza che i colori originali non esistono più, a causa delle diverse alterazioni cui sono stati soggetti nel tempo.

Un esempio è il Ritratto di donna incinta di Lavinia Fontana (1552-1614), un dipinto molto restaurato, in passato, e fortemente penalizzato da un pesante ritocco pittorico che aveva modificato l’espressione del volto e appesantito la freschezza dei lineamenti. A seguito della pulitura è emerso un incarnato più roseo e lo sguardo ha ritrovato la freschezza dell’originale, mentre sulla veste sono tornati in luce numerosi dettagli. Nel complesso, le estese ridipinture avevano occultato velature e dettagli, coprendo spesso una materia pittorica originale che in realtà aveva solo bisogno di piccoli punti d’integrazione pittorica. 

La donna è in stato di gravidanza e alcuni suggeriscono una vicinanza a Lavinia Fontana stessa, individuando delle analogie fisionomiche con gli autoritratti conosciuti, seppure qui l’età sia più matura. Lavinia Fontana ha avuto undici figli e potrebbe essere d’aiuto effettuare una ricerca d’archivio per individuare eventuali documenti che attestino la realizzazione di quest’opera.

Un secondo esempio è il Ritratto della Signora Cordini come Santa Dorotea di Elisabetta Sirani (1638-1665), di proprietà del Elvehjem Museum di Madison (USA), esposto a Bologna tra il 2004 e il 2005, in occasione della mostra dedicata alla pittrice. L’opera, firmata e datata (1661) sulla bordura della scollatura della veste, porta i segni di precedenti interventi di pulitura aggressivi, consistenti nella rimozione di alcuni dettagli e velature.

La nuova pulitura dell’opera è stata occasione per l’approfondimento di alcuni aspetti legati alle vicende conservative dell’opera, che hanno portato al suo ridimensionamento, alla decurtazione di una parte della tela e al riposizionamento della porzione con il cestino contenente la mela e le rose, che sono gli attributi della Santa. La realizzazione d’indagini diagnostiche non invasive, come l’RX, la riflettografia IR e la fluorescenza UV, ha permesso di acquisire informazioni sulla tecnica e i materiali impiegati dall’artista, oltre ad individuare porzioni non autentiche e risalire alla probabile posizione originale del cestino e della mano destra della figura.

Un terzo dipinto da noi trattato è il San Francesco di Anna Mignani (1786-1846), collocato sopra l’altare nord della Cappella delle Reliquie, all’interno della Chiesa di San Girolamo alla Certosa di Bologna. Il dipinto, firmato e datato (1809), è molto ben conservato, probabilmente anche perché mai spostato dalla sua collocazione originale. Esso costituisce una rara testimonianza di quella che era la tecnica esecutiva dei telai dell’epoca e delle modalità di tensionamento della tela, e per questo motivo si è scelto di effettuare un intervento assolutamente rispettoso dell’integrità strutturale del dipinto, eseguendo il fissaggio degli strati pittorici senza smontare l’opera dal suo telaio. 

La pulitura è consistita nella rimozione dei fumi depositatisi sulla superficie pittorica nel corso del tempo e nel successivo alleggerimento della vernice protettiva alterata, il cui ingiallimento aveva determinato un generale appiattimento della composizione. Questa operazione è stata eseguita in maniera graduale e differenziata, al fine di garantire l’equilibrio cromatico e volumetrico della composizione, ed il rispetto della materia originale.