VIAGGIO A BANDA LARGA SOTTO IL CENTRO DELLA CITTÀ
La Ruspal oggi vanta una grande esperienza nel settore delle trivellazioni orizzontali in Italia. Ma quando avete incominciato e quali sono stati i primi clienti?
La nostra esperienza è cominciata nel 1992, con l’avvento degli scavi teleguidati, per la realizzazione delle prime linee telefoniche di lunga distanza nell’ambito dei progetti delle principali compagnie telefoniche Telecom, Itel e Sirti. Ricordiamo che le prime linee in fibra ottica risalgono al 1986 ed erano realizzate con i classici scavi a cielo aperto, mentre solo nel ’92 sono state introdotte le tecnologie no-dig (dall’inglese no-digging, “senza scavo”), utilizzate in un primo momento solo per realizzare brevi tratti di attraversamento di autostrade e strade provinciali. In seguito, grazie all’evoluzione della tecnologia (da sempre utilizziamo macchine e sistemi della Vermeer Italia di Nogarole Rocca, in provincia di Verona) e alle tecniche di gestione dei cantieri, è stato possibile realizzare linee complete della lunghezza di qualche chilometro. Il passo successivo è stato quello d’intervenire nelle città.
A questo proposito, ricordo che stiamo completando in questi giorni il piano telematico regionale, il progetto MAN (Metropolitan Area Network), per le città di Bologna e Modena, nell’ambito della rete Lepida (una rete a banda larga, omogenea ed efficiente, in grado di collegare in fibra ottica tutte le sedi della pubblica amministrazione in Emilia Romagna).
Pensiamo al disagio che avrebbe generato la realizzazione di un progetto di questo tipo con le tecniche tradizionali: disagio alla viabilità, disagio per l’interruzione dei servizi garantiti dalle linee attraversate dai tracciati del progetto, disagio per l’inquinamento atmosferico e acustico. Per non parlare dei costi e dei rischi di un intervento nei centri storici di una città come Bologna oppure dell’intervento, apparentemente impossibile, in una realtà come quella di Venezia, dove abbiamo realizzato tratti di 200 metri sotto la laguna. Ricordando Venezia e gli attraversamenti di canali e fiumi che abbiamo realizzato in questi anni e che normalmente sarebbero stati eseguiti con scavi, tralicci o reti sospese, mi rendo conto anche di quanto siano stati ridotti l’inquinamento e l’impatto ambientale in contesti di pregio artistico, architettonico o paesaggistico.
In che senso le trivellazioni riducono l’inquinamento?
Il classico scavo a cielo aperto, oltre a essere maggiormente pericoloso e usurante per gli operatori, implica l’utilizzo di mezzi pesanti e cingolati con importanti consumi energetici e un incremento delle polveri sottili; inoltre, pone il problema dello smaltimento dell’asfalto e della posa del nuovo manto, che è spesso soggetto a cedimenti che rappresentano punti di fragilità, generando nel tempo la necessità di nuovi costosi interventi o lasciando scalini che rappresentano un rischio per veicoli e persone. Invece, praticando semplicemente due fori di pochi centimetri e procedendo a trivellazioni orizzontali guidate da sonde radiocomandate, noi realizziamo tracciati per reti telefoniche in fibra ottica, gasdotti, acquedotti o reti fognarie di vari chilometri in zone urbane o extraurbane. Anche se non è così semplice: prima d’intervenire occorre individuare i sottoservizi tramite ricerche georadar, con strumenti che utilizzano onde elettromagnetiche, e tracciare la mappa delle nostre rilevazioni direttamente sulla superficie dei terreni su cui insistono i nostri cantieri. Questo ci consente di redigere un piano di lavoro, incrociando la nostra mappa con quelle ufficiali di sottoservizi, acquedotti, gasdotti e rete fognaria, per capirne la profondità.
Le vostre procedure sembrano avere una complessità elevata per gli standard della cantieristica stradale, ma qual è il livello di complessità nella gestione della vostra struttura, per esempio, quanti sono i vostri cantieri aperti simultaneamente?
Sono parecchi. Lavoriamo per grandi committenti privati come Sielte, Site, Hera, Fastweb e Telecom, e stiamo portando avanti anche diversi appalti vinti con la pubblica amministrazione, che sempre più spesso realizza le proprie reti in autonomia – come nel caso di Infotel Emilia Romagna, Lombardia, Liguria e Sicilia – mentre a volte delega progettazione e subappalti ai privati, come nel caso del Pop di Fastweb che collega tutti i ministeri. Per esempio, negli ultimi quattro mesi, abbiamo posato cavi in fibra ottica per 300 chilometri nella sola Sicilia. D’altronde, sulla fibra ottica l’Italia ha un ritardo da recuperare: siamo dietro la Cecenia e, in Europa, siamo davanti solo alla Grecia; il nostro paese si è posto l’obiettivo di raggiungere la Spagna e lo sta facendo con progetti, a cui anche noi parteciperemo. Ne è un esempio NGN 2 di Telecom Italia che, partendo dalla città di Roma, vuole estendere la cosiddetta “larghissima banda” (banda larga a 100 megabit) a ciascuna abitazione. Inoltre, sembra che ormai la consapevolezza di tale urgenza abbia raggiunto anche l’ambito politico: nell’ultima finanziaria, sono stati stanziati, nonostante la difficoltà attuale della nostra economia, 300 milioni di euro a favore di questi progetti.
Il vostro sembra quindi tutt’altro che un settore maturo. Ma ci saranno delle criticità…
Il mercato, anche se non per la domanda, resta una sfida, abbiamo ancora parecchi anni in cui dovremo occuparci del boom della fibra ottica, e pensiamo allo stato degli acquedotti in Italia e, in generale, delle reti per i sottoservizi e al disagio che ne deriva in termini di disservizi costi di manutenzione. Sembra una situazione insostenibile. Occorre affrontare questo disagio senza paura, con soluzioni semplici e intelligenti, ma senza euforia, senza voler strafare, altrimenti non si conclude niente.