PRIMA LINEA: QUALE POLITICA PER LAVORARE CON LE IDEE
Al di là del servizio che noi svolgiamo per i nostri clienti (aziende del settore meccanico, elettromeccanico ed elettronico dell’Emilia Romagna), premesso che non siamo dei benefattori, dal punto di vista imprenditoriale, per loro, siamo veramente il fiore all’occhiello in quanto cerchiamo di dare loro molto più di quanto riceviamo.
Siamo nati per fare immagine e comunicazione “su misura” per le aziende della nostra realtà economica: piccole e medie imprese tecnico-produttive, nocciolo duro della nostra regione e forza trainante dell’economia nazionale, aziende che non hanno budget pubblicitari da gestire ma tanta volontà e determinazione nel lavorare sodo perché credono fermamente nella loro azienda.
Quasi tutti i nostri clienti costruiscono e vendono prodotti o componenti che definiamo di tipo tecnico, prodotti che non si rivolgono al consumatore finale ma ad altri tecnici, o installatori, o costruttori…
La comunicazione, per queste aziende, non è quindi di tipo “pubblicitario tradizionale”, ma deve essere una comunicazione rivolta ad altri tecnici, che enfatizzi i punti di forza della loro produzione, le applicazioni, i materiali con cui costruiscono, le caratteristiche tecniche generali, le particolarità progettuali, ecc.
Le agenzie pubblicitarie che tutti conosciamo difficilmente arrivano a fare una comunicazione di questo tipo, non perché non siano brave, ma perché dovrebbero mettere in moto un meccanismo che coinvolgerebbe tantissima altra gente (copy, creativi, esecutivi, tecnici, progettisti, disegnatori, ecc.) con costi molto elevati, mentre noi, tecnici di formazione, riusciamo in minor tempo e con minor sforzo a raggiungere questi risultati.
Questo è possibile perché siamo autosufficienti in ogni processo lavorativo, essendo progettisti, tecnici, disegnatori e grafici per formazione professionale.
Che il nostro studio sia realmente utile alle aziende lo verifichiamo quotidianamente quando i nostri clienti ci telefonano non solo per dei lavori da fare, ma anche per fare due chiacchiere e per chiedere consigli.
Siamo appena rientrati da una riunione che è durata tutto il pomeriggio da un nostro cliente per il quale abbiamo fatto un nuovo prodotto – progettazione, immagine, video, preparazione del materiale per uno stand –, e ci chiedeva: “Ma voi che cosa fareste adesso per il mercato estero?”. Chiedeva a noi come pensavamo di affrontare, dal punto di vista commerciale, un nuovo mercato, come se fossimo suoi partner.
Questo ci riempie di orgoglio, perché è importante capire che siamo essenziali per i nostri clienti, non basta il profitto finanziario a dare soddisfazione in un ritmo di vita in cui si trascorre quasi l’intera giornata sul posto di lavoro. Solo così lavorare non stanca.
Il rapporto è importante, soprattuto quello umano e non è vero che nel mondo del lavoro tutto è venalità o lupi pronti a sbranarti, tant’è vero che la totalità dei nostri “storici” clienti non chiede il preventivo di un determinato lavoro, tanto è abituato che da noi prima ottiene i risultati, poi si trova a pagare quando già sta raccogliendo i primi risultati tangibili.
Abbiamo molto lavoro, sulle nostre scrivanie c’è una pianificazione che arriva tranquillamente a giugno 2002 e ciò è dovuto a due fattori: in primo luogo, i nostri clienti sono per noi la migliore pubblicità con il passaparola; in secondo luogo, la nostra disponibilità a effettuare pagamenti lunghi, consci del fatto che per una piccola o media azienda gli investimenti in pubblicità ed immagine sono indispensabili per emergere sulla concorrenza, ma pesano sui bilanci di fine anno.
Potremmo lavorare molto di più, creare ulteriore occupazione, ma qui entriamo in un campo politico spinoso. In Italia non esiste un vero e proprio credito alle imprese; per un’azienda come la nostra, che lavora con le idee, il sistema bancario italiano non è di molto aiuto, come invece succede in America; richiede garanzie reali, fidejussioni. Per le nostre banche lavorare con le idee è ancora un rischio perché le considerano fumo e il fumo, ahimè, non fa l’arrosto. Lo stesso vale per le strutture preposte, Regione, Associazioni di Artigianato, lo Stato, che non hanno una politica adeguata per lo sviluppo delle imprese.
Alcuni nostri clienti sarebbero disposti a darci una mano se volessimo ampliarci. Ma conviene ingrandirsi? Con il regime fiscale attuale, ampliare vuol dire prima investire di tasca propria, rischiando in prima persona. Certo, investire dà soddisfazione, ma al momento in cui ci fosse un calo – è la paura di ogni imprenditore –, cosa facciamo?
Con che criterio si assume e si forma del personale, difficile da trovare nel nostro territorio, spendendo molto denaro ed energie per poi non garantirgli il posto di lavoro?
Noi non abbiamo niente da invidiare agli altri paesi europei, ma alle nostre imprese mancheranno sempre i soldi finché si troveranno così strozzate dal punto di vista fiscale per cui invece di investire devono pagare continuamente tasse. Come possono investire se devono quasi indebitarsi per pagare tasse? Non c’è corrispondenza tra bilancio reale e bilancio fiscale e credo sia risaputo che, per certe aziende, l’evasione molte volte serve per sopravvivere. E non è questione di destra o sinistra, in vent’anni li ho visti passare tutti ma non è cambiato niente. È una politica che non avvantaggia l’impresa.