Politica

  • Intervista di Anna Spadafora

    Nel dibattito che si è tenuto a Bologna intorno al libro di Gianni Verga Come avere cura della città (Spirali ed.), è emersa da più parti l’esigenza che in Italia prenda slancio finalmente una spinta propulsiva, dopo anni in cui sembrava che dovesse essere conservato tutto. Lei ritiene che occorra maggiore flessibilità nel restauro o nella conversione di aree industriali dismesse, per esempio?

     

    La flessibilità intesa soprattutto in termini di adattabilità

  • Questo numero prende spunto dal dibattito suscitato a Bologna e in altre città dalla pubblicazione del libro di Gianni Verga, Come avere cura della città (Spirali), e ne propone, tra gli altri, alcuni testi. Più che commenti al libro, sono testimonianze, proposte, programmi di protagonisti dell’impresa che è più implicata dalla città: amministratori, urbanisti, ingegneri, architetti, impresari, qui interpellati in uno statuto intellettuale, non professionale o di categoria. In particolare, amministratori e imprenditori di Milano, Bologna e Parma che, dopo le elezioni, si trovano a

  • Quattro anni fa, quando c’è stato il cambio dell’Amministrazione, Parma partiva da una situazione che il Sindaco stesso aveva definito di letargo: una città ricca e opulenta, una città che si era addormentata, che viveva di eredità, un’eredità che però stava consumando. Ci trovavamo in una situazione di grossa difficoltà, perché la città dei luoghi – Verga fa una distinzione tra la città dei luoghi e la città dei tempi –, intesi anche come luoghi fisici e infrastrutturali, era molto indietro. A titolo di esempio, ci sono voluti trent’anni per pensare di chiudere l’anello

  • Il significante cura, a partire dal positivismo, era stato attribuito in modo pressoché esclusivo al campo medico e alle prerogative di chi ne praticava la professione. Chi curava non poteva essere che medico. Freud, tra i primi, mise in discussione questa esclusività, prospettando una cura che poteva essere condotta da non appartenenti a tale categoria professionale e arrivando a scrivere un libro, Il problema dell’analisi condotta da non medici. Ma è stato con autori che si sono affermati negli ultimi cinquant’anni, come Foucault, Ivan Illich, per molti

  • Intervista di Anna Spadafora

    Dalla testimonianza che emerge leggendo il suo libro, Il più bravo degli asini, nell’impresa che costruisce valore importano soprattutto gli uomini che fanno l’impresa. In che modo l’esempio giova alla direzione di un’impresa verso la qualità?

     

  • Vorrei sottolineare in primo luogo la rilevanza del lavoro di Gianni Verga per la chiarezza con cui viene affrontato il tema della manutenzione e riqualificazione della città. Con il volume Come avere cura della città dimostra ampiamente la conoscenza dei principi dell’economia dello sviluppo sostenibile e, quindi, la propria consapevolezza della necessità di disporre di una classe politica che sappia operare per garantire il miglioramento della qualità della vita non soltanto attraverso l’attuazione di grandi progetti ma soprattutto mediante un insieme di

  • La prima cosa che vorrei dire del libro di Gianni Verga, Come avere cura della città, è che questo libro è dichiaratamente e programmaticamente migliorista. Chi ha i capelli bianchi ricorda con quanto disprezzo veniva usata questa parola nella cultura italiana: io stesso ne sono stato vittima designata, perché per una decina d’anni sono stato accusato di essere migliorista. Qual era la colpa del migliorista? Quella di rinunciare a una trasformazione radicale del sistema, di accontentarsi di piccoli cambiamenti. Solo recentemente si è capito che le alternative al

  • Nel libro di Gianni Verga, La cura della città, uno dei temi innovativi che ho molto apprezzato è un mix tra una politica dei piccoli passi e l’affermazione di strumenti estremamente moderni come il project financing. Questa è la chiave del successo di un modo nuovo di governare i fenomeni di una città: da una parte la comprensione di ciò che esiste, di quelle che sono le istanze dei cittadini, e dall’altra un’iniezione robusta di modernismo, di cose nuove. Quasi sempre invece gli strumenti operativi che ci vengono proposti nel governo della città stanno o

  • Intervista di Pasquale Petrocelli

    Può darci una breve testimonianza dell’esperienza del Polo vivaistico di Ca’ de’ Fabbri?

     

  • La città come civitas esiste soltanto in seguito all’instaurazione dell’Altro, mentre la città come polis, come comunità fondata sulla politica del luogo comune, da Platone e Aristotele fino a oggi, si è risolta in un ideale di partecipazione al governo sulla città, in cui la città diviene di tutti, di pochi, di molti, ma mai dell’Altro. Tutt’al più, la politica del luogo comune ha economizzato l’Altro, socializzandolo nella dicotomia amico/nemico, universo/diverso, sano/malato. Anche in questi giorni, non è raro che politici di varie provenienze appoggino l’impresa