133 ANNI DI MARELLI: UN’EREDITÀ INTELLETTUALE IMPAGABILE

Dal 2001 voi avete deciso di veicolare lo storico marchio Marelli 1891, mettendo a frutto l’esperienza di vostro padre, Giorgio Tosetti, che è stato protagonista dei successi della Marelli nel mondo. Una bella eredità, per collegarci al tema dell’evento L’eredità intellettuale dell’impresa nell’era dell’AI (Confindustria Emilia Area Centro, sede di Modena, 21 novembre 2024). Che cosa ha contribuito a far nascere il suo interesse per il lavoro di suo padre e quindi per la ventilazione industriale?
Il passaggio generazionale per me è avvenuto come avviene per tanti giovani che si sono trovati a proseguire l’attività del fondatore senza un atto di precisa determinazione: io ho studiato scienze politiche a Bologna perché ho sempre amato gli studi umanistici, mentre la tecnica non è mai stata parte delle mie aspirazioni. Tuttavia, fin da bambino, accompagnavo mio padre quando andava dai clienti a proporre motori elettrici, ventilatori e alternato ri di corrente dell’Ansaldo, della Pellizzari e della Marelli in tutta Italia.
Io sono sempre stato appassionato di viaggi e di buona cucina ed ero molto contento di andare con lui, anche se spesso dovevamo svegliarci molto presto perché ci aspettava un lungo viaggio in macchina, ma poi andava mo nei migliori ristoranti – all’epoca, alcune catene davano in omaggio i “Piatti del Buon ricordo” – e magari a dormire in alberghi di prima categoria quando eravamo fuori regione. Così, divertendomi, ho incominciato ad appassionarmi a questo lavoro e, quando sono entrato in azienda, ho svolto la funzione che più mi piace va, quella commerciale. In un secondo momento, frequentando l’ambiente dei ventilatori e dei motori, ho dovuto apprendere nozioni di tecnica e nel tempo mi sono anche appassionato, soprattutto perché volevo essere si curo di ciò che raccontavo ai clienti, considerando che sono un amante della precisione.
In realtà non avevo molta scelta: sono il primo di tre fratelli e quello che caratterialmente somiglia di più a nostro padre, e ho avuto la fortuna di andare molto d’accordo con mia sorella, Moira, che fortunatamente ha preferito occuparsi degli aspetti amministrativi. Quindi il nostro è stato un connubio perfetto che ci ha per messo e ci permette tuttora di crescere e di proseguire l’attività, avvalendoci anche della rete di relazioni che nostro padre aveva coltivato in tutto il mondo e di quelle della Sodeca, prima cliente-fornitore e poi partner, che ha dato un grande impulso alla diffusione dei prodotti Marelli Ventilazione e del made in Italy.
Poi, come accade in qualsiasi ambito, alcuni risultati arrivano anche per caso, tuttavia mi sembrano abbastanza buoni e soddisfacenti.
Forse fa parte della cultura veneta non esaltare troppo i risultati, dicendo che sono arrivati per caso oppure dicendo di essere stati fortunati. Eppure, per ottenerli occorre tanto sforzo…
Sicuramente, e ho dovuto faticare più di altri perché, come dicevo, la tecnica non era la mia materia preferita. Però va da sé che oggi sarebbe impossibile fare le stesse cose che hanno fatto i nostri genitori, perché le condizioni sono cambiate, quindi possiamo dire di essere fortunati perché i nostri genitori ci hanno tramandato i valori essenziali del fare impresa. Tuttavia, questo non esclude che a volte io vada in contrasto con mio padre, in parti colare sulla gestione della giornata o dell’annualità lavorativa, perché secondo la sua generazione l’imprenditore deve lavorare venticinque ore al giorno, mentre io dico che quando c’è da lavorare si lavora anche venticinque ore al giorno, però, nei momenti di calma, è giusto dedicare tempo alla famiglia, a se stessi e a tante altre cose. La generazione precedente non ne vo leva sapere di tutto ciò che esisteva oltre l’azienda, forse perché veniva dalla guerra e sentiva il dovere di ricostruire la nazione, ciascuno facendo la propria parte. Noi abbiamo avuto la fortuna di ereditare un’esperienza, una storia e una cultura che ci ha con segnato nostro padre, ma mia sorella e io ci stiamo impegnando al massimo per portare avanti questa eredità e per trasmetterla alle nuove generazioni. E la nostra famiglia non ci tiene a far parte della schiera di coloro che alla terza generazione si mangiano tutto, più che altro perché scommettiamo in ciò che facciamo, ci applichiamo e mettiamo l’esperienza al primo posto: c’ingegniamo ciascun giorno per apportare innovazioni rispetto alla tradizione da cui siamo partiti.
Io ho due figli, mia sorella anche e spero che entrino in azienda, dopo un periodo di esperienza in altre aziende, in modo che capiscano come si sta dall’altra parte, prima di cimentarsi in una funzione direttiva. Non è facile capire i problemi delle maestranze per chi le ha sempre guardate dall’alto della sua carica, invece è essenziale in tendere che la Marelli, come ciascuna azienda, è fatta di tante persone e ciascuno ha la sua importanza. Questo è ciò che mi ha sempre insegnato mio padre e che io cerco di portare avanti, fermo restando che tra il datore di lavoro e i collaboratori i ruoli devono sempre essere ben distinti e separati.
Anche perché il rischio d’impresa non è di tutti…
Esatto, ciascuno assume la propria responsabilità e, con l’apporto di ciascuno, l’azienda trova la sua struttura giorno per giorno.
Il cervello dell’impresa non è quello che sta nella testa del titolare…
Prendendo spunto dall’insegna mento di mio padre ho sempre cercato di evitare il tipo di organizzazione di molte piccole realtà che ancora oggi troviamo nel Veneto, che sono spesso in crisi perché tutto ruota attorno al titolare e, se un giorno rimane a casa perché sta male, si ferma l’azienda. La cosa difficile è proprio quella di dare continuità a queste piccole realtà che spesso sono eccellenze del made in Italy, formando collaboratori in grado di essere intraprendenti, oltre che indipendenti, nello svolgimento dei propri compiti, e facendo in modo che trovino soddisfazione sia economica sia intellettuale in questo modo di procedere.
Sicuramente, come lei diceva, il con testo in cui operano le imprese è molto differente rispetto a quello della prima generazione, che era assillata dal problema della ricostruzione perché veniva dalla guerra. Inoltre, non c’erano tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione oggi: per esempio, non esisteva il gestionale, pertanto l’imprenditore era considerato il “cervello elettronico” dell’azienda, che doveva temere sempre tutto sotto controllo…
Erano altri tempi, e la difficoltà del passaggio generazionale sta anche nel capire qual è il contesto attuale, che è differente da quello della generazione di mio padre e sarà sicuramente differente da quello in cui mio figlio prenderà in mano l’azienda, se la prenderà. Comunque, cambiano le condizioni di mercato e le risposte che esso dà. Intanto, la tecnologia avanza e ciò che a noi oggi sembra il non plus ultra per i nostri figli sono già cose da vecchietti.
Mia figlia ha 24 anni e sta prendendo la seconda laurea, in lingue straniere, perché forse vuole fare l’insegnante, mentre mio figlio ne ha 22, anche lui sta per laurearsi in lingue, ma ha già le idee ben chiare: vuole continuare in Marelli, ha avuto già modo di fare alcuni mesi di stage e ha ricevuto molti apprezzamenti da chi ha lavorato con lui e mi ha riferito che ha doti imprenditoriali. La cosa non può che farmi piacere.
Poi arriveranno le nuove leve da parte di mia sorella, che sono più giovani: la figlia si sta per diplomare alle superiori con un indirizzo amministrativo, come la madre, mentre il figlio è appassionato della produzione. Così, abbiamo una bella prospettiva: almeno tre figli proseguo no e ciascuno con un compito di loro specifico interesse. Il proseguimento è importante, sarebbe davvero un peccato essere costretti a chiudere il ciclo, perché c’è una parte del nostro cuore sia nella produzione di ventilatori industriali sia nello storico marchio Marelli.
Voi avete l’onere e l’onore di portare avanti un nome che ha una storia ultra centenaria…
Di recente siamo stati contattati dall’ambasciatore italiano in Egitto per ripristinare l’impianto di ventilazione del museo del Cairo, il più importante museo egizio al mondo, dove sono andati a ripescare tutta la documentazione e i disegni di un vecchio impianto di aspirazione, un ventilatore costruito dalla Ercole Marelli & C. S.p.A. Ci ha chiamato l’ambasciatore in persona per chiederci se sia possibile rimetterlo in sesto. La volontà e l’interesse da parte nostra ci sono sicuramente, anche perché è un bel biglietto da visita, per questo abbiamo mandato i nostri tecnici che stanno verificando, insieme agli archeologi, che cosa possiamo fare. È una cosa a cui teniamo molto perché è già una soddisfazione essere interpellati da un’autorità che non ha niente a che fare con il nostro settore e non è un nostro cliente abituale. Questo è uno dei vantaggi di continuare a portare il nome Marelli dopo 133 anni: un’eredità intellettuale impagabile.