ITS MAKER: LA FORMAZIONE TECNICA PER UN LAVORO SICURO

Qualifiche dell'autore: 
Presidente di SCE Group, della Fondazione ITS Maker e della Scuola Politecnica dell’Emilia-Romagna

Accanto al rincaro delle materie prime e dell’energia, le PMI del Centro Nord si stanno confrontando con il problema della carenza di personale, la cui causa è attribuita soprattutto alla fuga dei giovani dal lavoro dipendente. “Questa gente non va via, al ritmo di almeno diecimila al mese anche nel 2022, perché non trova lavoro. Dev’esserci altro: una crisi sentimentale fra i giovani e le imprese italiane”, scrive Federico Fubini sul “Corriere della Sera” (10 agosto 2022). Ebbene, gli ITS danno prova che tale crisi nasce dall’ignoranza: se un giovane si cimenta nella formazione teorica e pratica, in uno dei corsi post-diploma ITS, ha modo d’innamorarsi del mestiere che svolgerà al termine dei due anni di corso e dell’azienda in cui ha lavorato in stage…

Infatti, il 90% degli allievi trova un lavoro coerente con i propri studi. Senza contare chi prosegue con l’università. L’Associazione Scuola Politecnica dell’Emilia-Romagna, di cui sono presidente, riunisce da febbraio 2021 le sette fondazioni ITS operanti sul territorio regionale, che stanno registrando una crescita costante: l’anno 2021-2022 ha avuto 1.500 pre-iscrizioni per inserire 800 allievi in 33 corsi, mentre soltanto cinque anni fa i corsi ITS in regione erano 18, poco più della metà rispetto a oggi. I soci delle sette fondazioni hanno raggiunto quota 265, di cui la metà imprese, 30 scuole, 20 enti locali e 10 dipartimenti universitari: una vera rete radicata sul territorio.

Tuttavia, è indispensabile la collaborazione con la scuola per l’orientamento: il calo demografico dei giovani è una sfida per tutti, è sempre più importante evitare la dispersione e soprattutto aiutare i ragazzi a capire che le proposte ITS corrispondono a settori trainanti dell’economia regionale, con sbocchi occupazionali certi. Se un giovane nutre indifferenza o addirittura repulsione per il lavoro in azienda è perché sono stati diffusi troppi stereotipi, che appartengono a un passato piuttosto remoto rispetto alla maggior parte delle realtà virtuose che costituiscono la spina dorsale della nostra economia. Quando i ragazzi e le ragazze hanno la chance di entrare in un’azienda e constatarne la modernità rimangono entusiasti e non vedono l’ora di dare il proprio contributo a una realtà nuova, ignorata fino a poco prima, alla realizzazione di prodotti che nascono spesso dall’idea del loro vicino d’ufficio e che con “l’intelligenza delle proprie mani” prendono forma. Non c’è nulla che dia più soddisfazione del lavoro, perché nel lavoro ciascuno può coltivare i propri sogni e, simultaneamente, alimentare il progetto e il programma di un’impresa che scommette nella ricerca e nell’innovazione, mantenendo un’attenzione costante alla qualità della vita dei suoi collaboratori e dell’ambiente in cui opera. Per questo occorre dissipare i pregiudizi che gravano sulle imprese della meccanica, per esempio, e che tengono le ragazze lontane, con il pretesto che siano richieste doti fisiche maschili. Le ragazze che hanno frequentato gli ITS, invece, trovano grande accoglienza in Ferrari, Lamborghini, Dallara e in tante altre bellissime aziende della Motor Valley, cui possono dare un apporto straordinario.

La formazione non ha solo compiti di “servizio” alle imprese, ma è anche un fattore di sviluppo umano e di cittadinanza, che assicura pari opportunità a ciascun cittadino, indipendentemente dal genere. Il problema essenziale per gli ITS oggi è essere conosciuti: in una regione come l’Emilia-Romagna, una realtà industriale di eccellenza dove, da Parma a Cesena, opera la più grande concentrazione planetaria di fabbriche che producono automazione in vari settori – dal packaging alla logistica e dalla meccanica alla ceramica –, sono troppo pochi coloro che scelgono carriere tecniche rispetto alla grande richiesta di personale qualificato inevasa.

Gli ITS riescono non soltanto a integrarsi con le industrie, ma riescono a intercettare l’innovazione, essendo flessibili nell’organizzazione, nel modello didattico e nella capacità di rinnovare l’offerta. Quali sono i prossimi obiettivi?

Da oltre un anno stiamo lavorando al progetto della ristrutturazione della Stazione Piccola a Modena, un edificio storico del 1920, che diverrà la sede della Scuola Politecnica dell’Emilia-Romagna. La parte storica, che non può essere trasformata in quanto bene monumentale da tutelare, ospiterà le macchine del Museo laboratorio dell’Associazione Amici del Corni, oltre a dodici vani importanti che saranno utilizzati come aule. Dall’altra parte della ferrovia, invece, sarà costruito un edificio speculare a quello storico, con la stessa area, che ospiterà laboratori di avanguardia, dove, tra l’altro, si lavorerà alla trasformazione dell’auto da endotermica a elettrica. Una tecnologia che riguarderà anche i trattori e gli autobus, nonché l’evoluzione verso l’idrogeno, ambito in cui a Modena si stanno mettendo in campo parecchi investimenti.

Mentre stavamo pensando al progetto della sede di Modena, la Regione Emilia-Romagna ci ha invitati a prendere in esame la possibilità di aprire un ITS in montagna, a Pavullo nel Frignano (MO).

Il fenomeno dello spopolamento delle nostre valli produce una situazione pericolosa, che rischia di mettere in ginocchio aziende del territorio, gioielli della meccanica, dell’oleodinamica e della ceramica che danno benessere a migliaia di famiglie. È una sfida che abbiamo colto e che ci auguriamo di vincere, insieme ai giovani, alle amministrazioni locali, alle associazioni di categoria e agli uffici scolastici regionali, che gestiscono gli Istituti Tecnici tradizionali, vera ossatura della formazione secondaria.

Con le nuove proposte che come ITS abbiamo messo a disposizione dei comuni della montagna e della Pedemontana, contiamo di raggiungere obiettivi ancora una volta unici, non solo per la nostra Regione, ma per l’intero paese.

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