L'ICONA DEL VALORE
L’icona non è la stessa fra Roma e Atene, o fra Roma e Costantinopoli, o anche fra Milano e Costantinopoli, quando Milano era capitale dell’impero, all’epoca di sant’Ambrogio. Sant’Ambrogio e sant’Agostino erano venuti a Milano, nella capitale. L’icona non è la stessa neppure fra Roma e Mosca, fra Roma e San Pietroburgo, come non è la stessa fra Roma e Berlino, o fra Roma e Londra, fra Roma e Parigi.
L’icona, per sant’Agostino, è l’immagine che si rivolge all’inimmaginabile, all’inopinabile, all’incredibile, al dogma. E diviene dogma attraverso la scrittura. È l’immagine che si scrive e diviene dogma.
Abbiamo discusso a lungo del Mediterraneo, dell’Europa e della città planetaria — qual è l’icona della città planetaria —, abbiamo compiuto un certo viaggio e proseguiremo nei prossimi decenni. New York, Roma, Tokyo e molte altre città: Caracas, Lisbona, Barcellona, San Pietroburgo, Ginevra, Londra, Parigi, Francoforte, Cordova, Lubiana, per fare qualche esempio. Tutto ciò rientra nel viaggio. E anche la città si trova nel viaggio.
Lungo il nostro viaggio, siamo giunti, nel 1983, a acquisire una villa, la Villa San Carlo Borromeo. Oggi è un marchio registrato, ma, prima ancora di essere un marchio, era un’icona, l’icona del secondo rinascimento. Nel processo d’invenzione e di arte. Nel processo intellettuale. Nel processo di scrittura del viaggio. L’icona del secondo rinascimento riguarda la comunicazione e il messaggio propri del secondo rinascimento, quindi, anche quelli chiamati “prodotti”. I prodotti non avrebbero nessuna portata e nessun interesse se non ci fosse l’icona, l’icona del valore. I prodotti sono in funzione del valore, non sono merci a se stanti o inserite in un sistema merceologico, essi fanno parte del processo intellettuale, del processo di valorizzazione.
Icona del valore. Qual è il valore della vita, il valore dell’impresa, il valore del viaggio, il valore della città? È un valore intellettuale, un valore come qualità. Nella dimensione di sembianza, quale dimensione della parola, è il dogma, la cifra stessa della sembianza. Senza la cifra, senza la qualità non ontologica, non ci sarebbe l’icona. Ecco la questione. Tra Atene, Costantinopoli e Mosca e con la religione protestante, la tentazione è ancora ontologica. E l’icona non è scevra da questa tentazione.
Rispetto alla città, all’impresa, all’industria, al viaggio, l’icona è indispensabile, come è indispensabile la sembianza. Non può essere considerata un disvalore, né una mera illustrazione, né un fenomeno, né un’apparenza secondaria, trascurabile, rispetto, invece, a una realtà ontologica. La sembianza ha una sua realtà, che produce l’icona. La sembianza è in direzione della qualità.
E questo è ciò che l’Italia si trova a vendere: il bello, il rinascimento, il secondo rinascimento. L’Italia “vende” i “prodotti”. Ma la vendita avviene lungo il dispositivo di parola che diventa dispositivo di valore. Nella dimensione di sembianza, l’icona è essenziale. E il marchio, la sigla, la firma sono aspetti che sanciscono la cifratura delle cose.
L’icona che abbia in sé una tentazione ontologica è un’icona che in qualche modo viene affrontata con l’algebra, sicché diventa l’immagine del mondo, l’immagine delle cose: un’immagine sospetta, da controllare, gestire, economizzare e, sopra tutto, da fondare e da riferire all’essere.
Questa costellazione di elementi riguarda un tema formidabile, l’icona del valore. L’Italia ha bisogno dell’icona del valore. L’Europa pure. E non c’è più competizione, non c’è più concorrenza, perché è il pianeta a esigere questa stessa icona del valore, la cui fonte linguistica e mitica sta nell’Europa. Questo perché il rinascimento è stato inventato in Italia, e dall’Italia è partito, e la scienza stessa è stata inventata da un artista, Leonardo da Vinci.
Un altro aspetto dell’icona è la lingua diplomatica rispetto alla sembianza. Con quale lingua diplomatica si scrivono le immagini? Il video contribuisce a questo. L’oralità è sia nella dimensione di sembianza sia nella dimensione di linguaggio: è un modo di scrittura della sembianza e un modo di scrittura del linguaggio. La lingua diplomatica viene inventata a Firenze da Niccolò Machiavelli, non soltanto nella dimensione di linguaggio ma anche nella dimensione di sembianza. È un dispositivo straordinario quello che, sia pure per quattro anni, si instaura tra Niccolò Machiavelli e Leonardo da Vinci: l’intera scrittura di Machiavelli si trasforma e risente di quel dispositivo.