IL RITMO DEL VENTO
La storia dell’Appennino bolognese dimostra come sin
dall’antichità i suoi abitanti non hanno perso occasione per trarre profitto
dalle sue ricchezze naturali.
Come nel caso delle ferriere per la produzione di
attrezzi utilizzati nella lavorazione del legno e della terra, che sfruttavano
la forza motrice delle acque del fiume Reno, o delle famose carbonaie, in cui
si metteva a frutto l’abbondanza di boschi. È notevole come la natura e le condizioni
ambientali favorissero il vento dell’impresa… La produzione di carbone di
legna in tutta la montagna dell’Appennino bolognese è nota fin dall’antichità,
perché il territorio dell’Alto Reno forniva carbone alle città circostanti.
L’aspetto dominante della componente boschiva nella zona di
Granaglione è sempre stato il castagno, nella zona di Porretta domina invece la
quercia. L’abbondanza di queste piante ha favorito la diffusione delle
carbonaie fra i boschi e le macchie.
L’attività castanicola iniziava a settembre con la pulitura
dei castagneti, proseguiva in ottobre con la raccolta delle castagne,
l’essicazione e la trasformazione in farina, e si concludeva in novembre
inoltrato, vedendo impegnati tutti gli abitanti della zona, compresi i bambini.
Poi, si apriva la stagione delle campagne dei carbonai, che organizzavano
squadre di tagliatori di boschi (per produrre carbone). Nella zona di
Granaglione, gli uomini si erano talmente specializzati nel settore da emigrare
in altre regioni, come Sardegna, Corsica e in misura minore in Maremma, dove restavano
durante l’inverno perché il bosco può essere tagliato quando la pianta non è in
vegetazione.
Quanto alla fiorente industria delle ferriere, sviluppatasi
nelle nostre montagne, essa era funzionale non solo alla necessità di avere
strumenti per la lavorazione della terra, ma anche per la lavorazione del legno
(si legga l’intervista pubblicata sul numero 79 della rivista). In particolare,
la forgiatura, attraverso le acque di questa zona e con questo tipo di carbone,
conferiva all’acciaio una maggiore resistenza rispetto alle lavorazioni del
metallo che avvenivano altrove.
La combinazione di acque termali, flora e qualità
dell’aria ha favorito anche la produzione di salumi, formaggi, carni e prodotti
enogastronomici di qualità… La nostra acqua benefica per la salute e la
ricchezza di terreno boschivo hanno fornito le condizioni ambientali favorevoli
anche all’allevamento di animali per la produzione di carni, che sono diverse –
migliori o peggiori di altre, non entro nel merito – rispetto a quelle di altre
zone. Questa biodiversità ha ispirato l’intraprendenza di uomini che, per esempio,
anche attraverso le attività legate alla meccanica, hanno trovato il modo di
mettere a frutto i propri talenti, integrando le virtù della natura con
l’ingegno dell’uomo. Qui sono nate e si sono sviluppate aziende che esportano
nel mondo specialità come salumi e insaccati.
Il vento, l’acqua e la musica hanno in comune il ritmo.
L’Alto Reno Terme è peculiare anche per quel che concerne il ritmo della musica
di qualità… Questa zona dell’Appennino ha dato i natali a celebri artisti
in ambito musicale. Fra questi, per quanto riguarda il flauto, Giorgio Zagnoni,
per il pianoforte, Claudio Vignali, ma anche Lorenzo Scuda e tanti altri che da
qui sono partiti e che oggi sono artisti riconosciuti di alto livello. Inoltre,
altri musicisti di fama internazionale usano recarsi periodicamente alle terme
per la cura delle corde vocali.
Alla gioia del gusto, alla qualità dell’aria, alla bellezza
dei paesaggi di queste montagne si unisce il piacere dell’ascolto: è nato a
Porretta Terme anche uno fra i festival più noti nel mondo, giunto quest’anno alla
trentunesima edizione e che alla città dedica il suo nome “Porretta Soul Festival”.
Oggi Porretta è davvero conosciuta nel mondo per la qualità della “musica
dell’anima”, il soul.
Abbiamo però anche altre eccellenze.
A Castelluccio è attiva un’importante scuola di musica
curata dall’Associazione Centro Studi Euterpe Mousikè.
Le vie che portano all’incontro con le montagne
dell’Appennino bolognese e i suoi talenti sono quindi davvero tante e
differenti, tuttavia, è imprescindibile l’investimento in moderne
infrastrutture per una mobilità più efficiente, che favorisca la riduzione
delle distanze. Qual è la condizione di tali servizi, decisivi per il rilancio
di questa parte dell’Appennino? Sicuramente sono stati compiuti molti passi
in avanti per la mobilità, attraverso la costruzione di varianti stradali che
consentono di ridurre i tempi di viaggio; questi interventi devono essere
completati per ridurre ancora di più le distanze con Bologna.
Poi, oltre alla mobilità stradale, è ancora più importante
quella ferroviaria.
I treni nuovi, soprattutto, sono più comodi e consentono un
cadenzamento che potrebbe essere ridotto alla mezz’ora, rispetto all’ora di
viaggio attuale. Terzo aspetto da incentivare negli interventi infrastrutturali
è la diffusione della fibra ottica, quindi, l’autostrada telematica, che
consente lo svolgimento della propria attività a domicilio anche in zone
distanti dai centri più densamente popolati: chi, per esempio, ama vivere
immerso nella natura, deve poter svolgere il suo lavoro dal computer di casa.
Le aziende, poi, non possono lavorare se non hanno questa strada privilegiata per
essere connesse con la rete mondiale.
Quindi, per quanto riguarda le infrastrutture, la fibra
ottica – e la garanzia di avere un collegamento ad alta velocità come già
avviene nelle zone cittadine – è la terza opportunità che ci consente di
proseguire nel progetto di rilancio del territorio.
Qualche
mese fa ho incontrato un dirigente dell’ANAS, ma spetterà all’amministrazione
regionale farsi portavoce con ANAS e aziende come Trenitalia per intensificare
e migliorare le condizioni di trasporto. Noi sindaci possiamo stimolare e
sensibilizzare gli enti competenti verso gli investimenti in strade, ferrovie e
fibra ottica, ma spetta poi all’istituzione regionale attivare gli strumenti
decisivi per la strategia infrastrutturale. Il nostro compito è rilanciare le
istanze delle realtà produttive e delle industrie che investono in questo
scorcio di Appennino, che può costituire ancora una pietra miliare del Belpaese
soltanto se adeguatamente sostenuto da interventi infrastrutturali.