IL TEMPO DELL’ORGANIZZAZIONE E L’IMPORTANZA DELLA PAROLA
In questo numero discutiamo del tempo pragmatico, il
tempo del fare, che non è il tempo ideale, ma quello in cui ciascuno fa secondo
l’occorrenza. Qual è oggi il nuovo ritmo di produzione che scandisce il tempo
di un’impresa come la vostra, che progetta, costruisce e testa al suo interno,
come in una moderna bottega rinascimentale, gli stampi a iniezione per
particolari termoplastici e siliconi liquidi? Sta accadendo che le
richieste che provengono dal mercato sono sempre più impellenti e, soprattutto,
non sono l’effetto di una programmazione a lungo periodo. Adesso spetta al
fornitore farsi carico del tempo non programmato: mentre una volta le aziende
mantenevano lo stampaggio dei loro prodotti per un certo tempo, cinque anni per
esempio, ora invece il prodotto diventa obsoleto in pochissimo tempo, perché le
proposte commerciali vengono continuamente rinnovate e l’aspetto estetico
prevale addirittura sulla qualità tecnica. Il problema è che il prodotto deve
piacere e tutta la produzione viene rinnovata a partire da questo criterio.
Quanto sta accadendo mette in condizione le aziende produttrici, e di
conseguenza noi che siamo i loro fornitori, di lavorare in tempi sempre più
ristretti e di non programmare la ricambistica, per esempio, indispensabile per
ovviare all’usura dei componenti del prodotto. Fino a un decennio fa le aziende
produttrici predisponevano un piano per la fornitura dei ricambi, ma oggi non è
più così.
Quando costruivamo uno stampo, eravamo tenuti a produrre
anche due serie di componenti, in modo che quelli usurati potessero poi essere sostituiti
dai nuovi. Adesso, invece, i produttori non vogliono più costruire due serie di
quelle parti di stampo, ma ne producono una sola, con la pretesa di effettuare
un trattamento dello stampo usurato con un fermo macchine da effettuarsi in tempi
molto brevi. Questo provoca una disorganizzazione enorme e il valore del tempo
che impieghiamo per questo intervento, ulteriore e successivo a quello
utilizzato per la costruzione dello stampo, non viene riconosciuto perché
risulterebbe troppo oneroso. Allora, come misuriamo il valore di questo tempo? Misuriamo
il tempo effettivo che impieghiamo nella costruzione dello stampo e dei
componenti da sostituire a quelli usurati oppure misuriamo il tempo ulteriore
che impieghiamo nell’organizzazione di questo intervento successivo? Perché,
attenzione, il tempo dell’organizzazione di questo intervento richiede a volte
più tempo di quello effettivo utilizzato per la costruzione dello stampo. Il
cliente riconosce soltanto il tempo ipotizzato per questo intervento, non il
tempo pragmatico che abbiamo impiegato tra la programmazione di
quell’intervento e la sua conclusione.
Come intervenite per risolvere questo problema? Quando
costruiamo uno stampo forniamo il cosiddetto manuale di uso e manutenzione, in
cui ipotizziamo i tempi di produzione dello stampo in termini di utilizzo: ogni
duemila ore di lavoro dello stampo, bisogna fare una certa operazione di manutenzione.
Il committente, però, non tiene conto quasi mai di questi parametri e la
produzione continua fintanto che lo stampo non va in crisi.
Eppure, non avviene così in altri ambiti, perché, se lei
compra un’automobile e le dicono che ogni tanti chilometri deve fare il
tagliando, se lei vuole che l’automobile funzioni, esegue il tagliando, pena la
funzionalità dell’auto. Nel nostro settore, invece, non riusciamo a imporre il controllo
periodico dello stampo, che nel caso dell’automobile è dato dal numero di
chilometri percorsi.
Noi avevamo incominciato a introdurre nei nostri stampi un
dispositivo che indicava il tempo effettivo di lavoro dello stampo, contando semplicemente
i pezzi che aveva prodotto. Era un criterio valido, perché dava modo anche al
cliente di monitorare la vita dello stampo.
Quando riceviamo gli stampi ormai usurati, invece,
constatiamo che il dispositivo è stato disattivato e, intanto, il cliente
continua a dare un valore di volta in volta diverso al tempo che noi
impieghiamo per la riparazione dello stampo. Il risultato è che il cliente non
effettua più una programmazione della produzione dello stampo e, di
conseguenza, noi ci troviamo sempre a dover rincorrere questa inefficienza organizzativa.
Per questo stiamo valutando di aumentare il dialogo con i nostri clienti. Ma
come si può avere un dialogo se i nostri interlocutori all’interno delle
aziende vengono sostituiti a una velocità maggiore di quella che è la durata della
produzione? Tutte le volte dobbiamo spiegare e rispiegare le stesse procedure.
È come se fosse sospesa la parola con i propri clienti… Ancora
peggio, perché viene proprio interrotto quell’appuntamento di parola che con il
tempo si dovrebbe consolidare. Questo avviene perché le aziende tendono a darsi
un’organizzazione che non tiene conto di una prospettiva a lungo termine,
perché sembra che tutto debba finire il giorno dopo.
Qual è l’apporto che l’Officina Meccanica Marchetti può
dare in termini di tempo pragmatico? È molto importante riuscire ad avviare
un dispositivo di parola con i nostri clienti, perché darebbe modo di lavorare
in maniera più economica e redditizia a entrambe le parti.
Questo sistema di lavoro che sempre più si sta diffondendo
presuppone che non ci sia confronto e penalizza anche la qualità della produzione.
Occorre parlare di più, ma invece si prediligono le comunicazioni automatiche
tramite e-mail: quando leggiamo e poi rispondiamo a una e-mail, la cosa finisce
lì. Non c’è modo di precisare e di rilanciare, nel “botta e risposta”, nella
logica dell’aut-aut. Inoltre, quando si risponde rilanciando nuove proposte, si
ottiene quasi l’effetto d’infastidire chi legge, risulta una complicazione e
non un’opportunità.
Può accadere, per esempio, che il cliente ci chieda un
preventivo per eseguire uno stampo. Noi ci preoccupiamo allora di dettagliare il
preventivo in modo da offrire al nostro interlocutore una migliore valutazione
di tutti gli aspetti della costruzione. Invece, ci siamo accorti che
quest’accortezza disturba, perché è più facile che l’occhio di chi legge guardi
soltanto la cifra finale del preventivo, facendo un confronto con quello dei
concorrenti, senza avere poi la minima idea di che cosa propongano l’uno e
l’altro. In questo modo nessuno assume più il rischio di quanto ha ordinato e, addirittura,
a volte le comunicazioni sembrano scritte in maniera tale da lasciare sempre il
dubbio che chi le riceve non abbia capito qualcosa, perché poi la mancanza di
chiarezza può tornare utile in fase di eventuale contestazione.
Il nostro lavoro è fatto anche di comunicazione, perché non
produciamo qualcosa che si possa vedere, scegliere e comprare. In ciascun caso dobbiamo
inventare uno stampo specifico per il tipo di produzione che richiede il
cliente, che sa di che cosa ha bisogno, ma non sa esattamente che cosa gli
serve per ottenerlo. Ecco perché è importante che trasferisca a noi, con la sua
parola, il proprio progetto, che noi cercheremo d’interpretare.
Perché sembra quasi che nelle imprese si sia persa
l’esigenza di confrontarsi e di scambiarsi informazioni? È chiaro che noi
abbiamo la necessità di parlare non soltanto con il responsabile commerciale di
un’azienda, ma anche con i tecnici che saranno eventualmente gli utilizzatori del
nostro stampo.
Dicono che l’abitudine di delegare all’e-mail, evitando così
il colloquio, sia intervenuta per ridurre i contatti tra l’azienda e i
fornitori, impedendo coinvolgimenti personali. Ma perché non siamo in grado di
capire quando un coinvolgimento è personale e quando invece l’incontro è un’occasione
per trovare lucidità? Per ovviare a questo, allora, l’azienda si priva di
raggiungere risultati efficaci in tempi davvero più brevi di quelli che impiega
procedendo in modo automatico, senza lo scambio di parola. Questo è accaduto
purtroppo in tanti settori.
Che cosa vi proponete per i prossimi mesi? Abbiamo
acquistato nuove macchine, ma il nostro sforzo quest’anno non è tanto quello di
qualificare il settore tecnico, perché siamo abbastanza preparati, ma è proprio
quello di sviluppare qualcos’altro: fare in modo che l’informazione non scritta
acquisti una maggiore valenza con i nostri clienti e fornitori.
Noi dobbiamo riuscire a parlare di nuovo con i responsabili
tecnici delle aziende, altrimenti è inutile che investiamo in nuovi centri di lavoro
supertecnologici per produrre.
Se riusciremo a far cadere questo muro che si è formato tra noi
e i nostri interlocutori, riusciremo anche a soddisfare le esigenze degli
utilizzatori dei nostri stampi.
Il tempo della parola è quel tempo pragmatico che giova alle
imprese.