IL TEMPO DELL'INTERNAZIONALISMO
A proposito del titolo di questo numero del giornale Il nostro tempo, mai come nel caso di ABL, l’impresa è protagonista
del tempo, non lo aspetta, anzi, innesca incessantemente nuovi processi che
contribuiscono alla trasformazione sia del settore in cui opera sia della
società civile, che ne trae vantaggio per il miglioramento della qualità della
vita...
Da
quando mio padre l’ha fondata nel 1978, l’unica cosa rimasta dell’ABL è il
nome, per il resto è una continua evoluzione. Nei miei ventiquattro anni di
esperienza in azienda, ho constatato che è stata una fucina di talenti, sempre
in fermento per seguire le tante opportunità che intravedevamo. Poteva esserci
paura del futuro, ma siamo sempre stati consapevoli del fatto che l’avvenire lo
plasmiamo noi. Il 5 maggio scorso mio padre ha compiuto settantadue anni, ma
continua a non stare mai fermo e ha insegnato a me e a mio fratello, Luca, a
non porci mai limiti. Basti pensare al contributo straordinario che ha dato al
settore delle macchine per la lavorazione della frutta: oggi, in tutto il
mondo, chi vuole pelare la frutta a livello industriale sa che deve rivolgersi
all’ABL, proprio qui a Cavezzo. Mio padre ha sempre scommesso sull’arte che
passava dalle sue mani e non si è mai posto il problema di non avere una laurea
in ingegneria: i primi anni in cui partecipavamo a fiere negli Stati Uniti, alla
domanda che gli veniva posta su quale college avesse frequentato per dimostrare
una competenza così significativa, dichiarava divertito di aver frequentato l’università
alla Staggia! Staggia è una minuscola frazione di San Prospero, abbastanza
improntata all’attività contadina, altro che college.
Qual è stato il suo apporto specifico alla trasformazione nell’azienda?
Io
non sono laureata, è stata una scelta, una volontà, però appena terminati gli
studi, nel 1991, dopo aver seguito un corso organizzato dalla CNA-ECIPAR, ho
incominciato a lavorare in ABL. Il titolo del corso “Junior Manager” era
piuttosto ambizioso. Tra i vari argomenti toccati m’incuriosiva in modo
particolare l’aspetto del marketing, del commercio e così, appena entrata in
azienda, non mi sono lasciata scappare l’occasione. Ho avuto la fortuna di relazionarmi
subito con persone di paesi, culture e lingue differenti, potendo andare
all’estero in occasione delle fiere. È stata una bellissima palestra. Da sempre
l’ABL ha avuto una forte vocazione per l’export e così già durante le fiere
internazionali iniziavo a immaginare e a esplorare quello che sarebbe potuto
diventare lo scenario futuro dell’azienda, ma anche a pensare alla mia attività
al suo interno. Poco dopo si è inserito anche mio fratello e insieme abbiamo
subito trasformato le fiere in occasioni conviviali, quasi una festa, dove
incontravamo le persone più disparate, con cui tuttora siamo in contatto: anche
se non tutte sono diventate clienti o fornitori, quello che importava era ed è l’incontro.
In realtà, senza l’incontro, nulla accade, quindi non c’è il tempo,
tutto rimane fermo...
Grazie
agli incontri, abbiamo capito quale potesse essere la portata di una piccola
azienda familiare, nonostante fosse inserita nel contesto abbastanza rurale della
realtà cavezzese: potevamo realizzare tecnologie importanti e fornirle in tutto
il mondo. Credo che anche questo abbia contribuito a fare la differenza
rispetto ad altre realtà che erano sul mercato.
Quando lei ha iniziato a lavorare, a che punto era l’attività
commerciale all’estero?
Mio
padre e alcuni collaboratori erano già stati presenti a qualche fiera
internazionale, in particolare in Francia e in Olanda, perché la macchina per
la lavorazione delle mele veniva considerata piuttosto interessante dai
contadini francesi e olandesi, che non riuscivano a vendere le mele di seconda
e terza scelta al mercato, mentre, una volta pelate, potevano venderle alle
pasticcerie. Le prime diverse decine di macchine sono state vendute proprio in
Francia e in Olanda a molti che sono tuttora nostri clienti, con cui siamo
cresciuti insieme. La nostra espansione estera è partita da lì. Bisogna capire
il contesto: l’ABL parte nel 1978, le prime macchine quasi dieci anni dopo. Era
ancora un’officina meccanica, dal marcato accento artigianale, che occupava
poco più di venti persone. C’era la possibilità di plasmare tanto. E qualche
contributo l’ho dato. Mio padre mi diede carta bianca, avvertendomi però che
ciascuna decisione avrebbe avuto i suoi effetti. La prima innovazione che
introdussi fu quella di dismettere l’invio delle offerte indiscriminate: dopo
ciascuna fiera era abitudine ricontattare tutti coloro che ci avevano lasciato
il biglietto da visita inviando subito un’offerta. Avevo capito che in questo
modo c’era il rischio di svilire il senso del prodotto fornito. Molte volte in
fiera non c’era abbastanza tempo per illustrare il prodotto alla perfezione.
Allora, anziché inviare subito un preventivo, abbiamo iniziato a scrivere una
lettera interlocutoria, per tenere vive le conversazioni, per mantenere i
rapporti finché non erano gli stessi clienti a chiederci un’offerta o a
proporre addirittura di recarsi in ABL per un incontro. Il corso della CNA mi
aveva permesso di capire che alle fiere non ha senso mantenere un approccio
uniformato per tutti, perché ciascun cliente ha esigenze differenti.