L’APPORTO DEL COMMERCIALISTA ALLE RETI D’IMPRESA

Qualifiche dell'autore: 
commercialista, socio dello Studio Commercialisti Associati, Bologna

Si definiscono “Reti di imprese” i contratti di aggregazione tra aziende che assumono forme organizzative tali da resistere alla pressione competitiva dei mercati globali. All’interno di una rete si possono instaurare una moltitudine di rapporti tra imprese differenti, anche con dislocazioni geografiche diverse, con il presupposto che tali imprese, coordinandosi tra loro, siano in grado di dare risposte operative e funzionali superiori a quelle di ciascuna impresa della rete considerata singolarmente.

È opinione diffusa che le piccole e medie imprese (PMI) potranno sopravvivere nell’attuale contesto sociale ed economico se sapranno modificare la propria struttura – spesso caratterizzata da un individualismo marcato – a favore di dispositivi aziendali più evoluti e integrati. Lavorando in rete, le singole competenze diventano un valore spendibile e dall’effetto moltiplicatore, e vanno ad alimentare una struttura più complessa e di dimensioni maggiori, in grado di confrontarsi meglio con le istituzioni, i mercati esteri e il mondo bancario. Oggi occorre investire in innovazione, qualità, marchi e servizi per essere competitivi nel mercato globale, stabilendo alleanze che implementino le proprie risorse. E la sfida della transizione verso un’economia basata sulla conoscenza può essere vinta solo da quegli imprenditori aperti alle alleanze.

Le reti, come forma di aggregazione spontanea e di collaborazione tra imprese, in realtà, hanno sempre caratterizzato il nostro sistema produttivo, si pensi per esempio ai distretti economici. Non a caso la legislazione italiana, dapprima nel 2009 e poi nel 2010, ha introdotto lo strumento giuridico del contratto di rete, a sostegno dell’imprenditoria, con lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la capacità innovativa e la competitività sul mercato delle imprese che si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare e a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica.

Ma, per favorirne la diffusione su larga scala, è importante intendere che il contratto di rete non richiede necessariamente la costituzione di una nuova società, è un’alleanza che, in seguito al contratto, ottiene ufficiale riconoscimento e facilita le aziende collegate in vari ambiti a creare sinergie e a ottenere economie di scala.

Il contratto di rete consente a una piccola azienda di acquisire anche un’immagine di maggiore impatto, senza dovere adottare forme più vincolanti d’integrazione strutturale che determinerebbero la perdita della propria individualità e autonomia fiscale e patrimoniale.

Il consulente commercialista deve avere un ruolo attivo nei processi di crescita e aggregazione aziendale, sensibilizzando le parti a stabilire alleanze e proponendo azioni collettive e partnership. In particolare, nell’attuale contesto economico e finanziario di grande difficoltà, accanto alla consulenza tradizionale, il commercialista può sostenere le PMI a instaurare dispositivi di riuscita e accompagnarle nel processo di sviluppo e integrazione necessario per giungere al contratto di rete.

Considerando che il contratto di rete è ancora poco conosciuto, il professionista deve proporsi come attore di una vera e propria trasformazione culturale del tessuto economico. Senza dimenticare che, se fare rete significa integrazione, gioco di squadra e dispositivi di riuscita, questo vale per il mondo imprenditoriale, delle professioni, delle associazioni e per qualsiasi realtà che voglia affacciarsi al mondo globalizzato.